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Fondazione Agnelli: La valutazione della scuola – A che cosa serve e perché è necessaria all’Italia

Fondazione Agnelli: La valutazione della scuola – A che cosa serve e perché è necessaria all’Italia

recensione di Giorgio Allulli (esperto di formazione)

valutazione-scuola-fond-agnelli-7336897Negli ultimi tempi il dibattito sul sistema nazionale di valutazione si è riacceso sulla spinta del cambio di presidenza dell’Invalsi, che ha rialimentato il dibattito intorno agli indirizzi da dare al sistema nazionale di valutazione. Tempestiva e utile è stata pertanto la pubblicazione del volume della Fondazione Agnelli su “La valutazione della scuola – A che cosa serve e perché è necessaria all’Italia”, perché consente di approfondire il dibattito sulle caratteristiche che deve avere questo sistema, al di là delle sterili contrapposizioni tra sostenitori e detrattori dell’uso dei test.

Il volume parte dalla constatazione del ritardo italiano nella costruzione del sistema di valutazione e pone tre domande: perché valutare, che cosa valutare, chi valutare, presentando le risposte che sono state offerte nel contesto internazionale, con i relativi successi e limiti.

Vengono poi esaminati gli aspetti metodologici, per quanto riguarda in particolare gli strumenti della valutazione esterna (esami, test, ispezioni) e sottolineando la necessità di una comparabilità nel tempo e nello spazio delle diverse misurazioni. Dalla valutazione esterna si passa successivamente alla valutazione interna, che non costituisce un’alternativa alla prima, ma la sua necessaria integrazione, come dimostrano le migliori esperienze internazionali, condotte in Catalogna, in Australia (stato di Victoria) e soprattutto in Inghilterra, grazie all’Ofsted.

Dopo l’analisi metodologica ed operativa del contesto internazionale il rapporto della Fondazione Agnelli effettua un’analisi storica della valutazione in Italia, soffermandosi sulle iniziative condotte a livello nazionale (Ministero ed Invalsi), sia sotto l’aspetto normativo che sotto il versante operativo, ed affronta tre nodi cruciali:

le resistenze degli insegnanti alla valutazione esterna

la valutazione dei singoli insegnanti rispetto alla valutazione dell’unità scolastica

la questione della riservatezza nella pubblicizzazione dei risultati della scuola.

La trattazione storica arriva all’analisi del Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione, considerato un passaggio importante ma non un punto d’arrivo nella costruzione del nuovo sistema. In particolare vengono evidenziate quattro aree di debolezza del Regolamento:

1) la fragilità del tavolo a tre gambe costituito dai tre soggetti sul quale viene costruito il nuovo sistema (Invalsi, Indire ed Ispettori), con uno sbilanciamento di ruolo a favore dell’Invalsi

2) il peso eccessivo attribuito alla autovalutazione rispetto alla valutazione esterna

3) la mancanza di un sistema di incentivazione per i docenti

4) l’eccessiva fiducia che viene riposta nella cultura valutativa del territorio.

Infine la Fondazione Agnelli presenta le sue indicazioni (da intendere come idee e proposte e non come nuova ingegneria istituzionale) riguardo all’Istituzione del nuovo Servizio di valutazione ed ai diversi ambiti da valutare.

Il primo ambito riguarda gli studenti, la cui valutazione formativa è di competenza degli insegnanti, mentre per la valutazione sommativa si mette in luce che i risultati migliori sono ottenuti dai sistemi che prevedono esami nazionali su base standardizzata.

Viene poi messa in evidenza la necessità di prevedere anche un sistema di valutazione degli insegnanti, per i quali dovrebbe essere prevista una valutazione di tipo prevalentemente qualitativo, condotta all’interno della scuola da parte del preside o dei pari, con eventuali supporti esterni, mentre non andrebbe considerato in questo ambito l’utilizzo dei test, che presenta grandi problemi metodologici ed organizzativi.

I test sono invece necessari (ma non sufficienti), insieme alle visite condotte da ispettori, per valutare le unità scolastiche. In proposito il Rapporto della Fondazione cita il progetto VSQ, che ha definito una serie di meccanismi che, al pari del progetto Vales, sono stati ripresi dal Regolamento. L’introduzione di un meccanismo esteso di visite di osservazione comporta però la necessità di potenziare il corpo ispettivo, che dovrebbe rimanere incardinato presso il Ministero.

Infine la valutazione a livello di sistema non dovrebbe limitarsi a presentare un quadro della situazione ma dovrebbe permettere di verificare l’impatto delle riforme e delle innovazioni che vengono via via introdotte. L’esercizio di questa attività presuppone però l’indipendenza dal Ministero del soggetto valutatore, e dunque la necessità di riconoscere all’Invalsi, candidato naturale a ricoprire questo ruolo, una maggiore autonomia rispetto all’amministrazione.

Si tratta dunque, al pari degli altri contributi della Fondazione Agnelli, di un documento pregevole e ben fatto, di largo respiro, chiaro e di notevole rigore di analisi, molto utile per tutti coloro che vogliono approfondire la tematica della valutazione sotto l’aspetto istituzionale e metodologico. In tutti i capitoli la trattazione è integrata da utili box che presentano casi o pratiche particolari e da rimandi che permettono di approfondirne i contenuti attraverso la presentazione della documentazione nazionale ed internazionale riferibile alla tematica esaminata.

Avrebbe forse giovato alla completezza dell’analisi nazionale, ed alla stessa rappresentazione complessiva dello stato dell’arte, caratterizzata a nostro avviso da una certa dose di pessimismo (in particolare quando si afferma che nella scuola italiana la cultura della valutazione è ancora al suo stadio più elementare), una maggiore attenzione alle esperienze locali di valutazione. Queste esperienze, da quella realizzata dal Comitato di Valutazione di Trento alle iniziative realizzate dagli Uffici scolastici regionali, oppure da Reti di scuole e da singole scuole, hanno precorso molte delle linee riprese dalle più recenti iniziative nazionali, e si sono diffuse in Italia negli ultimi 20 anni, testimoniando una vitalità del sistema periferico maggiore di quella che viene spesso percepita. Uno sguardo all’attività delle scuole avrebbe permesso di inserire nella trattazione metodologica anche la questione, non secondaria, del rapporto tra i modelli centrati sugli output (quelli esaminati nel volume) ed i modelli centrati sui processi (ISO, CAF, EFQM) che sono stati introdotti in Europa ed anche in molte scuole italiane o per scelta o per input esterno (da parte delle Regioni e di Uffici scolastici regionali come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Campania). Si tratta di un aspetto importante, perché se l’attività di valutazione non viene inserita all’interno di una cultura di governo strategico della scuola finalizzato al miglioramento continuo, rischia di generare dei risultati che possono essere anche interessanti, ma non produrranno un reale cambiamento.

Scuola democratica
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