Storie. “MITICHE – Storie di donne della mitologia greca” di Giulia Caminito
a cura di Paola Benadusi Marzocca (esperta di editoria per bambini e ragazzi)
MITICHE – Storie di donne della mitologia greca di Giulia Caminito, arricchito dalle incisive illustrazioni Di Daniela Tieni (La Nuova Frontiera Junior, pp.125, € 16,00) aiuta a conoscere da vicino alcune figure di donne della mitologia greca che hanno assunto nel tempo una dimensione epica anche grazie alle grandi tragedie di Euripide. Medea coraggiosa, aggressiva, ma cosa l’aveva trasformata in una feroce assassina? Fin da piccola, racconta l’autrice, era una ribelle,”molto concentrata su se stessa”, con un immenso desiderio di essere libera. Ma fin da bambina non aveva avuto scelta, il padre che era il re della Colchide “sceglieva per lei ogni cosa…” . I maschi potevano viaggiare, a lei era tutto proibito. Quando si innamora di Giasone vede la possibilità di una esistenza più felice, ma viene tradita, provocata, ferita e così reagisce vendicandosi in modo orribile contro chi le causa sofferenza.
E che dire di Antigone così forte da ribellarsi a un re per una questione di principio, così femminile da obbedire senza esitazione “alle leggi dell’amore” affrontando la prigionia e la morte. Sono entrambe figure uniche, eroine impetuose del palcoscenico. Difficile individuare i motivi di questa sorta di discrepanza con le donne della società reale. Era dovuta ad uno slancio di cavalleria da parte degli uomini o piuttosto a un desiderio inconscio di esorcizzare la paura che esse suscitavano?
Tra le altre spicca Pandora, femmina malvagia per eccellenza perché sarà lei per la sua incontenibile curiosità a seminare odio, guerra, malattia, morte aprendo il famoso vaso sigillato da Giove.
Di Penelope conosciamo la fedeltà al marito e la pazienza nella lunga attesa di Ulisse. Di giorno filava la sua tela e la notte la scioglieva per trattenere la violenza dei Proci che avevano occupato la reggia di Itaca e la spingevano a scegliere fra loro un nuovo sposo. Ma è lecito chiedersi se con il suo inganno volesse piuttosto difendere il regno, il cui legittimo erede era il figlio Telemaco, che non un marito di cui essa stessa paventava la morte.
In quanto a Circe era figlia di un dio, ma era anche una bellissima maga e per di più malvagia perché seducendoli trasformava gli uomini in animali. Tuttavia quando incontra Ulisse si innamora di lui e lo aiuta a riprendere il suo viaggio verso casa. Mentre Aracne, comune mortale, paga cara la sua sfrontata sfida alla dea Atena. Era bravissima a tessere stoffe suntuose tanto che la sua fama si era sparsa in tutta la Lidia. Non aveva capito che non doveva mettersi in competizione con una divinità perché avrebbe comunque perso e così fu punita e trasformata in un ragno peloso dalla cui bava uscivano fragili tele.
La voce “donna” è quasi dimenticata nelle opere degli studiosi di storia antica perché è noto che le leggi che stabilivano i diritti e i doveri dei cittadini greci e romani, si fondavano sul presupposto che gli uomini erano i soli portatori della cultura. Sarebbe perciò improprio servirsi della teoria della dea-madre per trarre notizie affidabili sull’alta posizione delle donne nelle società umane di quel periodo. In un sistema patriarcale quale era quello greco l’unica possibilità che le donne avevano di emergere era sacrificarsi o accettare il martirio. L’autoaffermazione suscitava ostilità, nel caso migliore una cattiva reputazione. Da allora tanta strada è stata percorsa, tanta sofferenza risparmiata, ma forse ancora oggi il saggio consiglio di Montaigne studioso tra l’altro dell’antichità classica: “Dobbiamo insegnare alle donne a farsi valere, ad apprezzare se stesse, a divertirsi e ad ingannarci” è rimasto inascoltato.