Recensione. “Vento forte tra i banchi” di M.Lodoli, Rizzoli, 2013
di Paola Benadusi Marzocca (esperta di editoria per bambini e ragazzi)
Non è più il tempo di “Figlioli miei marxisti immaginari”, il libro di Vittoria Ronchey (Rizzoli 1975 ), ma la scuola in Italia non è certo migliorata. Studiare è l’imperativo categorico per non restare indietro nel mondo. Il problema è che cosa studiare, perché a leggere il libro di Marco Lodoli, VENTO FORTE TRA I BANCHI (Erickson, “I Mattoncini”, pp.100) sembra che la situazione scolastica italiana sia decisamente peggiorata. Lo scrittore, insegnante della scuola superiore, attraverso riflessioni e aneddoti apre uno squarcio su un aspetto della nostra società che in genere è sconosciuto a chi non la frequenta, ignorato da chi dovrebbe occuparsene, quantomeno messo ai margini.
“Chi viaggia in prima classe – scrive Lodoli – non permette nemmeno che al treno sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i suoi simili,con i meritevoli,con gli eccellenti,i vincenti.” Ma magari ci fosse nel nostro Paese una selezione fra chi davvero merita di andare avanti e chi fermarsi, casomai preparandosi ad un lavoro utile a se stesso e agli altri.
“A me professò sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la meritocrazia.. ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stiamo indietro , noi che non je la famo, noi non contiamo niente?”. Queste sono parole di Antonia, una sua scolara che vive in periferia, mentre Michela confessa che a casa non può fare i disegni di moda come le piacerebbe, perché non c’è neppure un tavolo, mangiano seduti ai bordi del letto. Roberta gli comunica tutto il suo dispiacere perché hanno sparato in faccia all’amico del suo ragazzo: “uno che stava sulle palle a tanti, ma “nun era n’animale cattivo, non se la meritava de morì così a ventidue anni.” Samantha teme di essere buttata fuori di casa con la mamma e suoi due fratelli perché non hanno i soldi per pagare l’affitto. Dovranno andare a dormire in macchina,lavarsi alla fontana con gli zingari: una prospettiva obiettivamente poco gradevole. Spiegare a ragazzi” così segnati, così distratti dalla vita storta”, “l’iperbole, la metonimia, Re Sole e Versailles, Foscolo e il neoclassicismo” sembra una cosa inutile,quasi una presa in giro. Ma che senso ha attribuire ai “ricchi”, come scrive l’autore, la responsabilità di questo tracollo della scuola pubblica? E’ così identificabile questa “élite che non ha”voglia di ascoltare le pene della nazione,le voci dei bassifondi”?”Chi ha i soldi, spiega Lodoli, il futuro se lo compra ,o comunque si prepara a “meritarselo”. Chi non ha niente annaspa nel niente e deve anche subire l’affronto dei discorsi sull’eccellenza.”Sono parole che hanno una base di verità, ma forse in tutto ciò un ruolo non secondario è ricoperto dalla nostra classe politica, una vera e propria “casta” ,ricca e ben protetta da privilegi indiscutibili, simile alla classe dei sacerdoti maya che facevano il bello e il cattivo tempo.
In Italia si è persa la bussola, la scuola non serve più a superare le differenze fra le classi sociali , la conoscenza non è più considerata un valore; scomparsa l’equazione studio uguale affermazione sociale. Prevale piuttosto l’idea dell’arricchimento ad ogni costo;ai nostri giorni primeggia il consumismo più bieco.”Oggi le cose sono cambiate radicalmente”, perché si chiede Lodoli, dopo aver preso il diploma di scuola media, uno studente su cinque scompare nel nulla? Forse occorrerebbe davvero una riforma seria della scuola nella quale ,come in altri paesi occidentali, essa diventi il centro della vita dei ragazzi con professori e psicologi che li aiutano a imparare,a crescere,a individuare le proprie capacità e interessi. La meritocrazia non è un’invenzione dell’epoca attuale. In una vera democrazia si cerca di garantire che ogni bambino e adolescente esprima le sue capacità indipendentemente dalla sua estrazione sociale.”Questa deve essere la prima battaglia della scuola: dare ogni mattina una casa e una speranza a chi rischia di vagare per le strade come un cane randagio”.
Computer, media digitali: le più raffinate tecnologie della nostra epoca in Italia tardano ad essere introdotte nelle scuole. Esse potrebbero aiutare e stimolare alla lettura e all’apprendimento i ragazzi che hanno difficoltà a leggere, e quanti non possiedono libri e strumenti per imparare. Ma nel nostro Paese è un discorso da marziani.”Ogni giorno ,scrive Lodoli, ripetiamo che la cultura può permettere una crescita morale,economica,personale e sociale,e ogni giorno qualcuno preferisce ritirarsi nel Nulla.”Ma chi è questo “qualcuno”? L’apparato burocratico? Il Ministero dell’Istruzione? Gli intellettuali? Di certo non i comuni cittadini ,anche agiati, perché non possiedono gli strumenti per modificare le regole del gioco.
Molto possono fare i professori,ma non tutti sono simili a Mr.Tereput, protagonista dell’interessante romanzo IL MAESTRO NUOVO dell’americano Rob Buyea (Rizzoli 2012), intelligente, sensibile, appassionato al suo mestiere, uno di quegli insegnanti che “ti cambiano la vita”.L’autore attraverso le vicende,liete e tristi che si intravedono dietro i vari personaggi,che sono poi gli alunni della scuola, delinea la figura del maestro ideale,quello che sa rompere schemi e regole indicando tuttavia una direzione, un fine. Il risultato è un mosaico di storie toccanti,di impatto emotivo che rimangono impresse e non possono che accendere un dibattito costruttivo e vivace sulla scuola, sulla società, sulle difficoltà e le gioie dell’esistenza.
Vivere insieme senza avere nulla in comune conduce a un futuro dai contorni agghiaccianti; a un mondo in cui solo il potere conta e si attribuisce una legittimità fittizia attraverso leggi emanate nei minimi particolari, che è difficilissimo contrastare. Proprio per questo gli adolescenti devono imparare per crescere ad accettare inevitabili frustrazioni: chi non è passato per le forche caudine di valutazioni errate, di bocciature considerate ingiuste? Ma se agli insegnanti manca una formazione pedagogica,non per questo i ragazzi devono arrendersi: anziché contemplare il proprio ombelico , indugiare sui propri malesseri, guardino avanti, si interessino alla realtà che li circonda. Mettano in gioco la loro vitalità e determinazione. Forse così con la consapevolezza che la speranza sta in loro, anziché trastullarsi con falsi idoli riusciranno a conquistare da soli il dovere e il diritto di indignarsi e di essere responsabili delle proprie azioni.
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